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Intercettazioni: Carnevale è finito, ma Gasparri non si toglie la maschera

RESPINTA LA PROVOCAZIONE DEL PRESIDENTE  DEI SENATORI PDL     

Ddl Alfano è una porcata contro  cui giornalisti ed editori combattono uniti Il Quaderno dell'Unci sarà presentato martedì  3 marzo alle 11 in Fnsi 

24 febbraio 2009 - "Carnevale è finito". Lo ha detto due volte, rivolgendosi alla sala gremita con sguardo irridente e tono sfottente, infilandoci in mezzo l'asserzione, che è sembrata quasi un modo per rincuorarsi, che la maggioranza è forte e approverà certamente il ddl Alfano. La provocazione di Maurizio Gasparri, giornalista professionista come ha tenuto a presentarsi lui stesso e presidente dei senatori del Pdl, martedì 24 febbraio alla manifestazione unitaria Fnsi, Ordine, Unci e Fieg contro il disegno di legge sulle intercettazioni, è stata raccolta e rilanciata come un boomerang da Guido Columba.  

"Gasparri non è stato conseguente alle sue parole - ha detto il presidente dell'Unci dalla tribuna - perché alla fine di Carnevale ci si toglie la maschera e si torna se stessi. Gasparri, invece, ha cercato di mantenere la maschera di persona apparentemente civile, educata e moderata; di capo del gruppo senatoriale di maggioranza di una delle nazioni più sviluppate e civili del mondo. Se fosse stato conseguente con le sue parole avrebbe dovuto lasciare cadere questa maschera e riprendere le sue sembianze reali: quelle di chi - per carità, persona per bene - ha nel suo dna la storia e la cultura di una forza politica di destra che ha una visione autoritaria dell'organizzazione sociale e statuale".  

E che il ddl Alfano si inserisca in una intera operazione di governo e maggioranza di destra che intercetta alcuni problemi reali, li esaspera fomentando la paura dei cittadini e offre loro una soluzione di destra (autoritaria, restauratrice, reazionaria, non è questione di un aggettivo) per Columba non c'è dubbio. E quindi appare inutile, la ricerca delle motivazioni del ddl sulle intercettazioni, gli interrogativi di studiosi e operatori del diritto, di magistrati e giornalisti, sul motivo per il quale il ddl prevede cose che i molti intervenuti alla manifestazione - che ha visto uniti giornalisti ed editori a difesa della libertà d'informazione - sono state definite via via "una porcata", "oscene", "attentato allo Stato di diritto", "visione dittatoriale", "incomprensibili", "controproducenti". Osservazioni che sarebbero normali e doverose in una situazione normale ma che sono superflue, e in alcuni casi patetiche, nella situazione in cui il ddl Alfano non punta a risolvere il problema dichiarato - la tutela della riservatezza delle persone coinvolte senza colpa nelle indagine e nelle intercettazioni - ma ad attuare una parte importante della politica di destra che punta a depotenziare le armi contro il crimine, e quindi la magistratura, e ad espropriare i cittadini del loro diritto costituzionale a sapere cosa accade nel Paese e come si comportano politici e magistrati, e quindi a porre "Lor Signori" al di sopra della legge che vale per i cittadini comuni. Il ddl Alfano è dunque "dannoso e inutile" come dimostra il Quaderno dell'Unci che verrà presentato in Fnsi la mattina di  martedì 3 marzo prossimo (dalle 11) dagli oltre 30 tra giuristi, magistrati, avvocati, giornalisti e investigatori che lo hanno scritto.  

La manifestazione unitaria giornalisti-editori  in una sala in cui spiccavano i manifesti con la copertina del Quaderno sul ddl, e lo striscione dell'Unione cronisti "Liberi di informare-Liberi di sapere. Sostieni la libertà di stampa" è stata aperta da Roberto Natale, presidente della Fnsi. Natale ha sottolineato che i giornalisti si battono per difendere un interesse generale, come hanno fatto nei precedenti tentativi della classe politica di tacitarli, e continueranno a farlo con determinazione, anche con   presidi davanti al Parlamento, per cambiare un testo che va contro l'opinione pubblica che ha il diritto a essere informata e che la presenza degli editori ha un grande valore. Carlo Malinconico, presidente  della Fieg, ha spiegato che gli editori non parlano del problema delle intercettazioni ma di due aspetti precisi del ddl Alfano: la difesa della libertà della cronaca giudiziaria e quella della responsabilità dell'editore  che se diventa "persona giuridica finisce con il sovrapporsi alla figura del direttore responsabile, alterando gli equilibri all'interno dell'azienda". Le intercettazioni non c'entrano con la cronaca giudiziaria, ha precisato, suggerendo che la tutela della riservatezza delle persone innocenti può probabilmente essere trovata per altre vie.  

È stata poi la volta di molti politici: Donatella Ferranti, capogruppo del Pd nella Commissione Giustizia della Camera, la quale ha annunciato una relazione e un testo di minoranza e ha invitato la maggioranza ad eliminare gli eccessi; Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, che ha protestato contro la "pietra tombale" sull'informazione e pronosticato che si rivelerà inefficace alimentando una informazione irresponsabile e ha chiesto di stralciare dal provvedimento la parte che riguarda la stampa e avvertito i giornalisti che il carcere è stato inserito come "specchietto per le allodole"  Ricardo Franco Levi per il quale la legge non è emendabile poiché "mira al cuore della Costituzione" e occorre cancellare gli ostacoli ai magistrati, l'azzeramento della cronaca giudiziaria e le multe agli editori. Quindi Maurizio Gasparri ha difeso la necessità della legge appellandosi a "modelli anglosassoni" che rispettano la riservatezza. Subito dopo Antonio Di Pietro ha parlato di "attentato allo Stato di diritto" spiegando che il ddl  ha molti aspetti che delegittimano la magistratura e le impediscono di funzionare e ha preannunciato, se il testo fosse approvato, un referendum abrogativo. Il giornalista Marco Travaglio ha ammonito a non accogliere alcuna mediazione perché "tanto peggio" sarà la legge "tanto meglio" la si potrà far bocciare da Corte Costituzionale e Corte di Strasburgo e ha esortato i giornalisti alla "obiezione di coscienza".  

Giuseppe Cascini, segretario dell'Associazione Magistrati, ha sostenuto che il ddl punta alla sostanziale abolizione dello "strumento delle intercettazioni che è fondamentale per trovare i criminali" e, dopo una serie di denunce sui contenuti della legge, si è chiesto "ma chi ha scritto il testo che mondo si immagina?". È toccata quindi al sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo che si  è illuso di guadagnarsi la fiducia dei presenti sostenendo che quando era magistrato a Milano ha istruito quasi 1.800 processi contro giornalisti senza mandarne in carcere alcuno. E poi, come si dice a Roma, si  è "buttato a Santa Nega", cioé ha negato anche l'inverosimile, tentando di sostenere che il ddl Alfano non modifica quasi per nulla la situazione attuale, senza rendersi conto che la sua è la migliore dimostrazione che il disegno di legge non serve affatto alle cose che il governo dice, ma solo ad affermare l'impunità della classe politica e dei "potenti" in genere. Lorenzo Del Boca, presidente dell'Ordine dei giornalisti, ha sottolineato l'aberrazione di fare una legge per mettere in carcere i giornalisti che dovessero pubblicare intercettazioni da distruggere, senza che ciò sia mai accaduto. Ha ricordato che l'Ordine ha radiato alcuni giornalisti che il giorno dopo, eletti in Parlamento, hanno cominciato a scrivere sulle prime pagine, e che caso mai occorre rinnovare l'Ordine e potenziarne  il controllo sulla deontologia. Infine Del Boca ha affermato che la legge non eliminerà l'informazione ma la farà diventare clandestina, "stile Bin Laden". Hanno quindi parlato Rosario Trifiletti, presidente della Federconsumatori, ed Emilio Miceli, segretario del Slc/Cgil. Michele Vietti  ha annunciato che l'Unione di centro, nell'aula della Camera si batterà fino in fondo contro il requisito dei "gravi indizi di colpevolezza" per autorizzare le intercettazioni e il carcere per i giornalisti. Antonello Falomi, ha ammonito che  in Italia si sta affermando una idea di governo "dittatoriale senza alcun contrappeso" e che il fascismo non è nato in un solo giorno, ma ha preso il potere apportando una serie di piccole modifiche ogni giorno all'assetto costituzionale.  

Ha chiuso la manifestazione Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, che ha rivolto un appello al Parlamento affinché si fermi "un passo prima dell'orrore". Il ddl Alfano ha spiegato va  combattuto ora e qui, ed è quello che stanno facendo e continueranno a fare Fnsi, Ordine e Unci d'intesa con la Fieg perché e l'Italia non è un Paese dove si possano imporre "segreti eterni". Al ricorso alle Consulta e alla Corte europea si penserà, eventualmente, più avanti, adesso è necessario combattere con forza in Parlamento per non  far approvare il ddl che è "una cosa oscena". Siddi ha ricordato che la battaglia è in corso da tre legislature e che "cercare di imporre ad un giornalista il divieto di avere fonti è folle".  

Presenti alla manifestazione anche Leoluca Orlando, portavoce nazionale di Idv, per il quale "senza intercettazioni i criminali festeggeranno l'impunità alla faccia della giustizia. Con il bavaglio ai giornalisti i cittadini dovranno aspettare anche anni per essere informati" e Mauro Paissan, componente del Garante che si è detto "preoccupato come cittadino che ha diritto a essere informato, come giornalista che vede menomata la libertà di informare, come Garante privacy per l'uso strumentale che si sta facendo del sacrosanto diritto alla riservatezza. Nel dibattito in corso le stesse norme del Codice privacy sono state travisate. Agli innegabili errori compiuti talvolta dai giornalisti nella pubblicazione di certe intercettazioni, non si può reagire con restrizioni che colpiscono soprattutto i cittadini".  

 

 

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