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Venerdì, 19 Aprile 2024 16:25

VITTORIO BRUNO: “LIBERA INFORMAZIONE, SI PROSPETTANO TEMPI DIFFICILI SUI CUI NOI GIORNALISTI FAREMMO BENE A RIFLETTERE”

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Il 3 maggio a Matera si svolgerà la XII Giornata della Memoria dedicata ai giornalisti uccisi da mafie e terrorismo. Si ritroveranno in Basilicata molti dei familiari dei giornalisti uccisi o feriti. L’evento, in collaborazione con l’Assostampa regionale e l’Ordine dei Giornalisti della Basilicata, avrà luogo nello storico Palazzo Lanfranchi. Tra i giornalisti feriti dai terroristi anche Vittorio Bruno, vicedirettore del Secolo XIX, colpito a pistolettate da un commando della colonna genovese delle Br l’1 giugno del 1977.

Abbiamo chiesto a Vittorio Bruno un intervento sul tema della libertà di informazione.

“Ci sono sempre stati molti modi per combattere la libera informazione. Durante il “ventennio”  - sottolinea Bruno - si utilizzavano il ricatto e il manganello e, nei casi più disperati,  anche l’olio di ricino.Nel 1977 le br  decisero invece che fossero ancora più “convincenti” i proiettili e i primi,oltre al sottoscritto,ad essere colpiti furono Montanelli, Luigi Rossi, il direttore del tg della Rai più visto dagli italiani e Casalegno. Molti anni dopo Mario Moretti, uno dei capi, non ebbe difficoltà a spiegarne il motivo:”Stavamo per dare il colpo finale al sistema (il rapimento e l’assassinio l’anno dopo di Aldo Modo,ndr) e pensammo che non vi fosse arma migliore per cercare di metterli tutti in riga”. Oggi, per impedire che il giornalista possa fare fino in fondo il proprio lavoro, si usano armi più subdole ma non per questo meno efficaci. Per rendersene conto basta guardare quello che accade spesso nei talk show  e nelle interviste dove non c’è esponente di governo che non eluda, con  più o meno garbo, le domande che veramente contano. E guai ad insistere perché, in caso contrario, c’è il  rischio che quella trasmissione o quel giornale venga dal giorno dopo “depennato” dall’elenco  delle testate “amiche” compilato dai comunicatori del suo staff. E difatti è ormai quasi prassi se non vera e propria regola che l’intervistatore si limiti, più o meno contro voglia, a “registrare”, punto e basta, solo quel che il sistema politico intende comunicare e pazienza, che male c’è, se poi  ad andarci di mezzo è la libera informazione. Insomma si prospettano tempi difficili su cui noi giornalisti faremmo bene a riflettere”.

 

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