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Per la segretezza delle fonti prevale la libertà di stampa

SENTENZA DELLA CORTE DI STRASBURGO TUTELA LA PROFESSIONE

 

Una Corte inglese aveva ordinato ai giornalisti di rivelare l’origine di un documento

17 dicembre 2009 - I giornalisti hanno il diritto di tutelare la segretezza delle fonti perché la libertà di stampa prevale su tutto. E non possono neanche essere costretti a divulgare documenti riservati che possono compromettere la fiducia delle fonti. Lo ha deciso la Corte europea dei diritti dell’uomo che, nella sentenza depositata il 15 dicembre (Financial Times e altri contro Regno Unito), ha rafforzato la tutela della libertà di espressione.

Strasburgo si è pronunciata sul ricorso presentato da quattro giornali inglesi e da un’agenzia di stampa contro una decisione dell’High Court inglese che aveva ordinato ai giornalisti di diverse testate di divulgare un documento su una fusione societaria e consentire di individuare, in questo modo, la fonte che lo aveva trasmesso. I reporter, infatti, avevano pubblicato alcuni articoli su una società belga, riportando notizie tratte da un documento riservato, trasmesso da una fonte anonima, su un’offerta pubblica di acquisto di azioni di una società sudafricana. Temendo ulteriori fughe di notizie, l’azienda si era rivolta ai giudici inglesi. Obiettivo principale: identificare la fonte che aveva trasmesso ai giornalisti i piani aziendali riservati.

I tribunali inglesi, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla società e avevano ordinato ai giornali di consegnare il documento originale. Tra l’interesse alla protezione delle fonti funzionale all’esercizio della libertà di stampa e la tutela dei mercati azionari e degli interessi economici della società, i giudici inglesi hanno fatto pendere l’ago della bilancia a favore dei primi, anche per prevenire la commissione di reati. Una conclusione del tutto ribaltata da Strasburgo che ha dato ragione su tutta la linea ai giornali inglesi.

La protezione delle fonti - ha precisato Strasburgo - è indispensabile per i giornalisti e per la tutela della libertà di espressione che consiste anche nel diritto della collettività a ricevere notizie "esplosive" e informazioni non ufficiali. È vero, riconoscono i giudici, che la società belga aveva un interesse a evitare danni per l’attività economica, ma questo passa in secondo piano rispetto alla tutela della libertà di espressione. Che va salvaguardata anche in presenza del sospetto che la fonte avesse l’intenzione di danneggiare l’azienda, proprio perché i limiti alla tutela delle fonti possono essere ammessi in circostanze eccezionali. Il segreto sulle fonti confidenziali è infatti essenziale per la libertà di stampa: se venisse violato questo principio, non sarebbe compromessa solo la fonte che aveva chiesto l’anonimato, ma anche la reputazione del giornalista «agli occhi di future potenziali fonti». In questa vicenda, poi, secondo la Corte, i giornalisti hanno agito nel rispetto delle regole deontologiche, perché prima di pubblicare gli articoli sulla scalata hanno contattato l’azienda. Né è stato dimostrato che il documento fosse falso.

Tutto da verificare l’impatto sulla disciplina italiana anche se la sentenza sembra avere assunto una posizione più favorevole ai giornalisti di quanto stabilito dall’articolo 200 del nostro Codice di procedura penale (che si occupa dei soli professionisti iscritti all’Albo). Quest’ultimo infatti prevede un caso di portata generale e non eccezionale nel quale il giudice, ma non il Pm, può imporre al giornalista di svelare le sue fonti facendo cadere l’ostacolo del segreto professionale: quando le notizie sono indispensabili per provare il reato per cui si procede e la loro veridicità può essere attestata solo attraverso l’idenificazione della fonte della notizia.

 

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