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Intercettazioni: il problema non sono i tempi, ma i contenuti

DOPO L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE  DELLA REPUBBLICA SUL DDL ALFANO

Pubblichiamo  un articolo che il presidente Columba ha scritto per il sito dell’Associazione Art 21

06 luglio 2009 - “Prego, dopo di lei”,  “No, prima lei”. Richiamano una cortese contesa a far passare prima l’altro, le  ricorrenti affermazioni degli esponenti della maggioranza – venute dopo  l’incontro tra il Presidente della Repubblica Napolitano e il ministro della  giustizia Alfano – secondo le quali nessuno mai ha pensato di imporre al Senato  di approvare in via definitiva in  tempi molto stretti il ddl Alfano sulle  intercettazioni. Eppure solo pochi giorni fa il calendario era fissato in modo  rigido. Esame rapido in Commissione Giustizia sino al 14-15 luglio e votazione  conclusiva dell’Aula entro la settimana successiva. Della volontà di  porre  anche a Palazzo Madama la questione di fiducia non c’erano  ancora stati annunci  palesi, ma il precedente della Camera era lì a indicare la via.

A ben vedere, però,  la data non è la cosa più  importante. Fine luglio o metà ottobre non cambia molto. Quello che importa  davvero sono i contenuti. E su questo, almeno per ora, non sono venute  indicazioni da parte della maggioranza. O forse sì.

Quando Filippo Berselli,  presidente della Commissione Giustizia dichiara che “se l’opposizione chiederà  di ascoltare autorevoli fonti per un ulteriore contributo al confronto, non sarò  certo io a dire di no”, come si fa a non pensare al Procuratore nazionale  antimafia Grasso, fino ad ieri inascoltato ?

E se questo è, come non pensare che il  problema sul quale si concentra l’attenzione siano gli  “evidenti indizi di  colpevolezza”  indispensabili per ottenere il permesso di avviare l’  intercettazione ?

Questione quanto mai importante, certo, perchè   è fondamentale che i magistrati  possano continuare a disporre del mezzo di  indagine più efficace per contrastare il crimine e individuare e punire i  responsabili dei reati.

Ma l’attuale stesura del ddl Alfano (quella  che alla Camera ha  ricevuto in votazione segreta anche l’appoggio di parte  delle minoranze) colpisce in due direzioni: le indagini e l’informazione. Il  rischio è che in qualche modo le forze politiche alla fine riescano a trovare  una via d’uscita all’apparente contrapposizione frontale sulla questione delle  indagini e lascino inalterate le parti del ddl che riguardano giornalisti ed  editori.

Temi, ce lo siamo detti e ripetuti migliaia di  volte in questo anno di lotta contro il ddl Alfano, altrettanto centrali e   vitali per una democrazia di quelli che riguardano l’operatività della  magistratura. Perché, abbiamo sostenuto, in uno stato democratico moderno  magistratura e informazione sono i due sistemi di controllo del potere  esecutivo,  legislativo ed economico.  E dunque l’opinione pubblica non può  essere tenuta all’oscuro di quello che accade e anche del modo in cui viene  amministrata la giustizia.

La svolta che ha preso la vicenda  intercettazioni, dunque, se da un lato costituisce un alleggerimento della  tensione, dall’altro non può indurre a facili, e  indebiti, ottimismi. La  questione della difesa della libertà di stampa e del diritto dei cittadini di  essere informati in modo completo, corretto e tempestivo  per ora rimane tutta  intera. Lo sciopero  del 13-14 prossimi indetto dalla Federazione della Stampa,  che secondo l’Unci si sarebbe dovuto svolgere già da tempo, deve essere  accompagnato dalla riproposizione molto chiara che il ddl Alfano non può far  precipitare la libertà d’informazione  in una situazione da terzo mondo. E lo  deve fare in modo pubblico, con una manifestazione. Non sarebbe proprio  comprensibile che il giorno di uno sciopero nazionale, per di più eminentemente  politico quale è quello che ci accingiamo a fare,  chi lo ha indetto non si  facesse vedere in giro ma lasciasse solo a un comunicato il compito di spiegare  agli italiani i motivi dello sciopero.

 

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Quaderno sul Ddl Alfano

 

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Libro Giornata della Memoria