Giovedì, 25 Aprile 2024 06:34

ITEMPI DELLE NOTIZIE DI NERA: SECONDO LE AUTORITA' COMPETENTI E SECONDO I CRONISTI

Ci sembra interessante far conoscere a tutti i cronisti questa corrispondenza intercorsa tra il presidente del Gruppo Cronisti Lombardi, Cesare Giuzzi e un collega che gli ha scritto attraverso Facebook, su un problema che rende sempre più difficile il lavoro dei neristi.

Alla c.a. dell'Unci della Lombardia Caro Presidente, vorrei sottoporti quanto accaduto oggi, in Questura, a Milano.

La Squadra mobile ha convocato la stampa per dare notizia dell’arresto di tre rapinatori per un assalto avvenuto venerdì scorso. Fin qui niente di anomalo, ma quando la notizia è giunta al desk sono rimasto basito: non solo la rapina era di venerdì scorso, ma i rapinatori erano stati arrestati in flagranza, all’uscita dell’istituto di credito! E si trattava di un’agenzia all’interno del Policlinico di Milano, per cui in un luogo pubblico e affollato.

Ti prego di valutare se sia il caso di partecipare ai vertici della Questura il disappunto per la scelta di questi tempi di diffusione di un fatto, ripeto, pubblico. E preciso che non si tratta della prima volta che la Squadra mobile diffonde le notizie in modo poco conforme a un’informazione tempestiva e completa, quella che per tradizione ha invece sempre contraddistinto e contraddistingue la Questura di Milano.

Come sempre cordialmente

Fabrizio

 

Ed ecco la risposta di Cesare Giuzzi

 

Caro Fabrizio, 
Ovviamente conosci già la riposta alle domande contenute nella tua lettera. Ma forse non tutti conoscono i meccanismi con i quali le forze dell'ordine e le procure danno, o meglio non danno, le notizie. Il problema che tu hai correttamente presentato riguarda nello specifico la situazione di Milano, ma sappiamo tutti che si tratta di una situazione generalizzata.

Questure e comandi dei carabinieri gestiscono la comunicazione con la stampa nello stesso modo con il quale le aziende private si rivolgono a televisioni e quotidiani. Le forze dell'ordine non comunicano ciò che accade, ma solo ciò che interessa. Si danno notizie degli arresti ma non dei reati. Così accade - episodio reale - che venga fatta una grande pubblicità ad una brillante operazione che ha portato all'arresto di una banda di rapinatori seriali, peccato che mai siano state divulgate le rapine commesse, se non dopo la scoperta degli autori.

Milano ha un numero di violenze sessuali impressionante. Siamo vicini a un caso denunciato al giorno, tanto per capirci. Molte, forse la maggioranza, avvengono tra le mura domestiche e in contesti più "privati". Ma esiste una quota di stupri, anche consistente, che riguarda casi avvenuti in strada, dove l'aggressore è il classico sconosciuto che sbuca dietro l'angolo. O addirittura con la presenza di violentatori di gruppo. Questi episodi non finiscono sui giornali se non (e non sempre) dopo la cattura degli autori. Il sistema è comune per polizia, carabinieri e anche per la procura di Milano. Anche in questo caso la stampa viene "convocata" e sollecitata a pubblicizzare la solita brillante operazione. Complimenti e applausi.

Il problema, per farla breve, è che questo sistema non danneggia solo i giornalisti che non possono fare il loro lavoro (che è riportare i fatti che accadono, non frequentare soltanto conferenze stampa), ma riguarda la sicurezza di tutti i cittadini. Notizie del genere non vengono divulgate (in città come nel resto della nostra regione) per convenienza: creano allarme sociale, destano paura tra i cittadini, obbligano le istituzioni a dare risposte rapide.

Ma siamo sicuri che sia la strada giusta? Siamo certi che i nostri professionisti della sicurezza (che gestiscono il loro ruolo ormai in maniera manageriale, stando attenti a non calpestare qualche insidia per la loro carriera) stanno facendo il bene dei cittadini?

Faccio un esempio banale, che riguarda ancora Milano: tra il 2010 e il 2012 uno stupratore seriale che si muoveva in bicicletta ha violentato più di venti donne. Per questi reati è stato condannato in via definitiva a 20 anni di carcere. Agiva sempre nello stesso modo: a volto scoperto, arrivando in bicicletta e agganciando donne sole in strada. Le vittime, tutte le vittime, sono state in grado di riconoscerlo. E forse sarebbero anche state in grado di dare tempestivamente l'allarme e di salvarsi dall'incubo dello stupro se qualcuno le avesse messe in guardia. Se si fosse diffusa la notizia di un uomo che violenta le donne e si sposta di notte in bicicletta qualche ragazza si sarebbe salvata?

La risposta è ovvia, e non può essere che sì.

Il problema è che non si doveva destare allarme sociale. Niente notizia ai giornalisti, niente avvertimento alle potenziali vittime.
Questo è un esempio banale. I problemi sono molti e diversi. Sappiamo tutti che i vertici puntano ai numeri. Sappiamo che le forze dell'ordine utilizzano il codice di procedura penale in modo elastico: quando servono i numeri anche gli arresti facoltativi diventano obbligatori e i taccheggi nei negozi diventano rapidamente arresti per rapina. Poi succede che una banda di rapinatori agisca di giorno nella banca del Policlinico di Milano e che nessuno riferisca la notizia per diversi giorni. E tutto è normale?

Questo sistema, ripeto generalizzato e voluto dai vertici delle forze dell'ordine, è solo un problema dei giornalisti? Non credo. Da parte nostra ti assicuro che come Gruppo cronisti lombardi faremo di tutto per cambiare questo sistema. Sapendo che stiamo scalando una montagna a mani nude. Ma certi del fatto che la nostra è una battaglia necessaria. Per i cronisti e per tutti i cittadini.

A presto,

Cesare

 

 

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