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Una grande e bella manifestazione politica

PIAZZA DEL POPOLO: IN 100 MILA RACCOLGONO L'APPELLO DELLA FNSI

 

Dal palco 100 voci di giornalismo e  società  sulle note di “Libertà é partecipazione”

di Guido Columba                                                                                                              

Presidente dell'Unci

04 ottobre 2009 - Dal palco cento voci del giornalismo e della società civile, in piazza centomila cervelli a testimoniare il valore della libertà di informazione, prima condizione della libertà e dell’autonomia di tutti, sintetizza Franco Siddi, segretario generale della Fnsi. Alla colonna sonora Marina Rei per ricordare, con le parole di Giorgio Gaber, che “Libertà è partecipazione”.

E’ stata proprio una grande e bella manifestazione politica quella promossa dalla Federazione della Stampa sabato 3 ottobre in piazza del Popolo a Roma. Grande e bella perchè è stata partecipata, composta e civile. Politica perchè aveva l’intento dichiarato di protestare contro idee e comportamenti di maggioranza parlamentare e governo allo scopo di ottenere che cessino attacchi, intimidazioni e tentativi di limitazione della libertà d’informazione .

 Politica perchè non si deve cadere nella provocazione di chi l’ha avversata. Non ci si deve lasciare aggredire e intimidire. Soprattutto quando si ha ragione. Soprattutto quando l’aggressione è il metodo scelto a tavolino e perseguito con spietata determinazione da chi detiene il potere e non vuole rendere conto di come lo esercita. Tanto più che la manifestazione di piazza del Popolo aveva proprio questo scopo: dimostrare che intimidazioni, minacce, ritorsioni, leggi liberticide e quant’altro non riescono a far tacere la voce della democrazia.

La parola politica, adoperata e praticata in modo corretto, è una gran bella parola. Indica la partecipazione alla teoria e all’organizzazione della società civile. La partecipazione, appunto, degli abitanti della “polis” alle decisioni che riguardano l’interesse comune, e in questo ambito l’interesse proprio, alle scelte che individuino i modi e i mezzi per ricercare prosperità e giustizia, di tutti e quindi di ciascuno. Non è il nostalgico ricordo della “Città ideale” di  Platone o della “Città del sole” di Campanella, ma la lezione – di una folgorante lucidità di analisi e attualità di linguaggio – con la quale Alexis de Toqueville (lo ha ricordato Neri Marcorè leggendone sul palco un paio di pagine)  nel 1830 descriveva, nel suo capolavoro “La Democrazia in America”, il discrimine tra governo di tutti e governo di  uno solo. Quella ricorrente distinzione tra “popolo bue” e colui che di volta in volta si è autoproclamato Unto del Signore, Scelto, Designato, Duce, il Migliore, Grande Timoniere, Grande Guida, Meno male che Lui c’è.

Grande bella manifestazione politica dunque. Perchè politico, nel senso deteriore questa volta, è l’attacco che da mesi e mesi la maggioranza parlamentare e il governo conducono con tutti i mezzi, corretti e no, contro magistratura e giornalisti che in una moderna democrazia  di impronta liberale hanno il compito, e il dovere, di sorvegliare che l’esercizio del potere avvenga in modo corretto e abbia lo scopo di realizzare il bene comune.

E dunque politico era lo scopo  della manifestazione di piazza del Popolo e politico ne è stato lo svolgimento. Nessuna ipocrisia.  Forze politiche e sociali hanno l’interesse, e  anche il dovere, di far si’ che  si possano esercitare le libertà civili e costituzionali, a partire da quella tutelata dall’art 21 della Costituzione. E’ proprio questo l’assunto di base della manifestazione di piazza del Popolo: il diritto alla libertà dell’informazione non è dei giornalisti ma piuttosto dei cittadini. Le forze del giornalismo da sole hanno già fatto tante manifestazioni , convegni, cortei con bandiere, striscioni e slogan. L’Unci in particolare ha fatto il Giro d’Italia della libertà contro il ddl Alfano con 30  manifestazioni in  altrettante città. Tutto questo grande impegno, in cui le forze del giornalismo hanno lottato compatte,  non è bastato.

Non poteva bastare perchè lo scopo politico di maggioranza parlamentare e governo non è quello di correggere abusi, travalicamenti, errori. Ma proprio quello, tutto politico – e nel senso deteriore del termine – di eliminare l’azione di “cane da guardia” del potere esercitata dalla libera stampa e dalla informazione. Lo ha ricordato il presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, dal palco di piazza del Popolo. La libertà di informazione è assolutamente indispensabile perchè il cittadino sappia cosa accade e sapendolo se ne faccia un’opinione, e, avendo  un’opinione informata, possa esercitare scelte consapevoli. La libertà di informazione, dunque, è uno degli ingredienti “primordiali” di una società liberale e democratica. Lo ha ricordato con precisione don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, nel messaggio letto durante la manifestazione: “la legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a plasmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica”.

Manifestazione politica, dunque, non partitica come i denigratori  hanno cercato di farla apparire. Certo in piazza c’erano molti esponenti delle forze politiche di opposizione –D’Alema, Franceschini, Bersani, Marino, Fassino, Veltroni, Gentiloni, Vita, Morassut, Realacci, Bertinotti, Vendola,  Di Pietro, Donadi, Orlando, Ferrero, Fava, Giulietti – ed era doveroso che ci fossero. Ricade su di loro buona parte  della responsabilità di ciò che maggioranza e governo hanno fatto e vorrebbero ancora fare. Altrettanto doveroso è stato che non salissero sul palco dove si sono avvicendate solo e soltanto le cento diverse voci del  giornalismo e della società civile. Perfino la Cgil, che ha dato un contributo determinante per la riuscita della manifestazione, ha avuto l’intelligenza di tenere un passo indietro il leader Epifani per far parlare solo Fammoni, responsabile confederale dei problemi della comunicazione. Gli esponenti politici hanno parlato con i giornalisti che li assediavano, come fanno sempre in ogni occasione in cui li hanno a tiro, e ciascuno di loro ha detto la propria opinione. Ma è stata una voce privata raccolta dai giornalisti nel backstage di piazza del Popolo. Bilanciata dalla voce critica dei tanti esponenti di maggioranza e governo, e qualche giornalista, che hanno detto peste e corna della manifestazione. Ancor prima che si svolgesse.

Qui si ha una nitida fotografia di come maggioranza e governo intendono la politica: avrebbero preteso che gli esponenti di opposizione non fossero presenti in piazza e di poter, dunque, tempestare loro soltanto contro  la manifestazione. Il fatto che gli oppositori ci fossero – ma non abbiano parlato dal palco – e che ci fossero tra i centomila in piazza le bandiere dei loro partiti (frammiste a quelle di tutte le organizzazioni del giornalismo e di mille altre  sigle e associazioni civili e striscioni e cartelloni ideati da singoli cittadini), lo sfruttano per dire che è stata una “manifestazione politica contro il governo”.

Certo che lo è stata, lo era nelle premesse. Alla luce del sole. Era, ed è stata, come ha esplicitamente indicato Franco Siddi la volontà di “disturbare il manovratore”, i manovratori, in ogni stagione, sempre quando sarà necessario”. Perchè politico è l’attacco alla libertà di informazione. La quale, al di là delle farsesche affermazioni di maggioranza e governo, è proprio quella cosa nitidamente esposta da Roberto Saviano : “la serenità di lavorare,  la possibilità di raccontare senza doversi aspettare ritorsioni personali”. Libertà di informazione, ha testimoniato Sergio Lepri, storico direttore dell’Ansa, che ha sperimentato cosa “significa una società senza libera informazione, ascoltare una sola voce e non poter esprimere la propria”, che è stata ieri difesa dal “diritto all’indignazione” di piazza del Popolo e delle altre piazze in Italia e all’estero dove si sono svolte analoghe manifestazioni.

Libertà di informazione, ha ammonito il presidente dell’Ordine Lorenzo Del Boca, che deve essere completa e garantita a tutti, a chi ci piace e a chi non ci piace. Teoria e pratica sempre esercitata dall’Unci che – rivendicando di essere, come la voce di Manzoni nella poesia 5 Maggio “vergin di servo encomio e  di codardo oltraggio” -  nei comunicati di adesione alla manifestazione ha sempre sostenuto che, pur avendo ben chiaro chi sta da una parte e chi dall’altra, non è possibile delegare ad alcuno l’esclusiva di impersonare la libertà d’informazione. E che dunque riconosce il diritto di Augusto Minzolini  a criticare nei suoi editoriali le posizioni del sindacato unico e unitario dei giornalisti. A maggior ragione ieri quando il Tg1 delle 20 ha correttamente elencato al quarto posto dei suoi titoli: “A Roma manifestazione per la libertà di stampa. In piazza giornalisti ma anche politici di sinistra e Cgil. Scontro maggioranza-opposizione”.

Ma abbiamo detto con estrema chiarezza, anche, che il giornalismo non è politica e che troppi giornalisti invece di svolgere il loro mestiere si comportano, o tentano di farlo, da politici .Questo tipo di preteso giornalismo diventa così uno strumento di battaglia politica - con tutte le sue asprezze, ruvidità e colpi proibiti - nella quale colpire gli avversari e difendere gli amici, piuttosto che il mezzo per portare i cittadini a conoscenza delle opinioni dei protagonisti della politica. Così si coinvolge indebitamente tutto il mondo del giornalismo, anche quello che  è attento a rispettare ruolo e limite propri,  ad essere cioè lo specchio che riflette gli avvenimenti e la società che descrive, a cercare di interpretare i fatti e a spiegare cosa ci sia dietro la facciata.

E abbiamo lottato, con tutte le nostre forze, contro il ddl Alfano sulle intercettazioni, con la medesima determinazione con lui lo facemmo nel 2007 contro l’analogo disegno di legge Mastella.

Lo scontro in atto in realtà, lo ha dimostrato proprio la giornata di ieri, è ben più ampio. Lo ha rilevato con precisione Roberto Natale, presidente della Fnsi : “siamo in piazza per parlare dei problemi dell’informazione, non come problemi di una categoria, ma come attacco al diritto di una comunità nazionale  ad essere informata”.

Nessuna ipocrisia neanche sui numeri. Alla manifestazione ieri saremo stati in  circa  100 mila. Dal palco, con il consueto ottimismo degli organizzatori,  il conduttore Andrea Vianello, ha parlato di 150 mila presenti. Dalle prime file gli hanno ribattuto che eravamo il doppio e lui ha detto al microfono, “300 mila ? e va bene”. Dando l’estro ai colleghi sempre a caccia di sensazionalismo, anche quello più stupido, di titolare “Per gli organizzatori 300 mila in piazza”. Ha fatto da pendant la miserabile sortita della Questura di Roma non paga di “dare i suoi numeri” pessimisti – come  prevede il  tradizionale fair –play del gioco delle parti - quanto ottimisti sono quelli degli organizzatori. Ha voluto pedantemente, farsescamente  dettagliare che  Piazza del Popolo ha una superficie di 17.100 metri quadrati e che poichè “l’area di 1 mq può contenere al massimo la presenza di quattro persone” alla manifestazione hanno partecipato in tutto 60 mila persone. La Questura si è dimenticata di precisare quale debbano essere peso e circonferenza addominale delle quattro persone che devono stiparsi in un metro quadro: esiste infatti l’eventualità che quattro individui del peso di 70 chili vadano bene, ma che se uno di loro ne pesa 90 faccia saltare tutte le statistiche. Esiste anche,  e la Questura lo sa bene, il via vai di partecipanti per cui un medesimo metro quadrato nel corso di una manifestazione della durata di diverse ore viene occupato da molte persone in più delle quattro teoricamente indicate: (8, 12, 16 e così via). Ma esiste, soprattutto, il filmato, lungo ore ed ore, che l’elicottero della polizia che roteava ossessivamente su piazza del Popolo ha registrato: dal quale doveva risaltare con tutta evidenza che pieni erano anche l’adiacente piazzale Flaminio e  per un lungo tratto anche il “Tridente” – via di Ripetta, via del Corso, via del Babuino – che si diparte da piazza del Popolo

Dalla grande e bella manifestazione politica di ieri esce un messaggio e un impegno. Il messaggio che il tema della libertà dell’informazione non è solo patrimonio dei giornalisti, che troppo spesso l’hanno mantenuto nel chiuso delle loro stanze paurosi di declinarlo all’aperto e che, proprio per essere stato portato in una piazza così grande e politica, ha per una volta tanto “sfondato il video” occupando televisioni e quotidiani. L’impegno a continuare con la spina dorsale dritta, e con la massima efficacia,  la battaglia in difesa del diritto-dovere di cronaca – il diritto del cittadino di essere informato in modo corretto, completo e tempestivo, il dovere del giornalista di farlo secondo scienza e coscienza – essendo consapevoli della lapalissiana circostanza che ha ricordato ieri Saviano: “verità e potere non coincidono mai”.

 

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