Sabato, 27 Luglio 2024 05:29

Milano: il processo Ruby senza immagini nega i diritti dei cittadini a sapere e vedere

IL PROCURATORE  GENERALE SMENTISCE IL PRESIDENTE DEL COLLEGIO

Documento comune di protesta di Alg,  Cronisti Lombardi, Fnsi e Unci

01 aprile 2011, Milano – L’Associazione Lombarda Giornalisti e il  Gruppo Cronisti Lombardi, d’intesa con  la Fnsi e l’Unci, “condannano” la decisione congiunta  dell’Avvocato generale, Laura Bertolè Viale, e del Procuratore generale, Manlio  Minale, di vietare l’accesso a fotoreporter e cineoperatori nell’aula del  Palazzo di Giustizia di Milano dove dal 6 aprile si svolgerà il processo sul  caso Ruby che vede imputato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per  prostituzione minorile e concussione. “I motivi di sicurezza addotti per  giustificare questo provvedimento, con cui viene revocata l’ordinanza favorevole  alle riprese in precedenza firmata dal presidente del collegio giudicante,  Giulia Turri, sono irricevibili – dice un comunicato sindacale -: è palese la  volontà di negare la libertà dei cronisti di informare e quella dei cittadini di  essere informati, diritti insopprimibili in uno Stato democratico. E’  incalcolabile il danno che questo oscuramento deciso dall’Avvocato generale e  dal Procuratore generale provocherà ai giornalisti, ai quali viene impedito di  svolgere la loro attività: continua ad aleggiare il tentativo di mettere il  bavaglio all’informazione. Un preoccupante precedente che fa venire meno la  garanzia di una informazione trasparente, tempestiva e corretta. Il  provvedimento di Bertolè Viale e di Minale è l’aberrante conseguenza del divieto  d’accesso a fotoreporter e cineoperatori imposto – dal Procuratore generale –  all’inizio del 2011, decisione in parte rientrata dopo la minaccia degli esclusi  di non partecipare all’inaugurazione dell’Anno giudiziario”. Associazione  Lombarda Giornalisti e Gruppo Cronisti Lombardi, insieme alla Federazione della  Stampa e all’Unione Nazionale Cronisti, respingono questi insidiosi tentativi di  tenere alla larga i cronisti in nome di presunti motivi di sicurezza o di  privacy. Inoltre, facendosi garanti di una informazione libera da  condizionamenti, invitano l’Avvocato generale e il Procuratore generale a  revocare il grave provvedimento, che alimenta il clima intimidatorio in cui da  tempo i giornalisti italiani sono costretti a lavorare.

 

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