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Venerdì, 19 Aprile 2024 14:27

GIULIANA SGRENA: “RICORDARE I GIORNALISTI VITTIME DI MAFIA E TERRORISMO DEVE CONTRIBUIRE A RAFFORZARE L’IMPEGNO IN UN GIORNALISMO D’INCHIESTA PRATICATO SUL TERRENO”

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b_0_0_0_00_images_sgrena.pngAlla giornalista che nel 2005 fu sequestrata in Iraq, il Vice-presidente dell’Unione cronisti, Leone Zingales, ha consegnato il depliant realizzato dall’Unci per ricordare i colleghi uccisi o feriti da mafie, terrorismo, in missioni di pace on in scenari di guerra
 
Il Vice-presidente nazionale dell’Unci, Leone Zingales, ha incontrato a Palermo la giornalista e scrittrice Giuliana Sgrena che, il 4 febbraio 2005, è stata sequestrata da una organizzazione terroristica mentre si trovava a Baghdad (Iraq) per realizzare una serie di servizi per Il Manifesto.   Dopo una serie di appelli e di generale mobilitazione di società civile ed Istituzioni, Sgrena è stata liberata il 4 marzo successivo nel corso di una drammatica operazione dei servizi segreti italiani che si è conclusa con il suo ferimento e la morte del dirigente del Sismi, Nicola Calipari.
 
Nel corso dell’incontro di Palermo, a Giuliana Sgrena è stato consegnato il depliant realizzato dall’Unci per ricordare i colleghi uccisi o feriti da mafie e terrorismo o in missioni di pace o scenari di guerra.
 

“Il mestiere di giornalista – ha sottolineato Giuliana Sgrena alla quale Zingales ha chiesto un commento sul mestiere di giornalista oggi - è sempre più rischioso. La libertà di stampa è ostacolata non solo nei paesi in guerra, diventati inaccessibili ai giornalisti, ma anche in alcuni paesi occidentali dove è bersaglio di governi che si ritengono democratici (dagli Stati uniti di Trump al Brasile di Bolsonaro senza dimenticare l’Italia). Questi attacchi non solo feriscono chi ancora difende una stampa indipendente, ma rendono più vulnerabili i giornalisti che la praticano. Ricordare i giornalisti vittime della mafia e del terrorismo non deve essere un tributo formale ma deve contribuire a rafforzare l’impegno in un giornalismo d’inchiesta – nel senso più ampio del termine – praticato sul terreno, l’unico che, in questo momento di crollo di fiducia nei media, può evitare di ridurre il nostro mestiere a un copia e incolla da Internet”. 

 

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